To know him is to love him

Fare quello che mi va.
Ho delle serie difficoltà con questo concetto.
Io sono un essere simbiotico. Entro in simbiosi con un altro organismo, e adatto il mio vivere all’habitat che trovo.
Non è una cosa brutta. In realtà mi piace. Lo faccio per curiosità, e lo faccio perchè è il mio modo di creare relazioni.
Tra l’altro non parlo solo di rapporti amorosi, ma in generale è il mio modo di rapportarmi col mondo. Con gli amici, con i colleghi.
Magari è sintomo di tanta (troppa) empatia, magari è sintomo di insicurezza, magari è uno dei (mille) sintomi della mia paura di vivere.
Sta di fatto che prendere una decisione per me è veramente difficile. Praticamente impossibile se la mia decisione coinvolge altre persone.
Dopo la storia con A, passati un po’ di mesi, ho deciso di cambiare casa. Pur rimanendo in affitto ho trovato un appartamento non arredato, e ho dovuto comprare la cucina.
Ricordo ancora la difficoltà nel capire cosa mi piacesse.
Giravo tra gli allestimenti di IKEA, e guardavo i mobili, provando ad immaginarli miei.
Trovavo uno sportello che mi piaceva, ma il non avere l’opinione di qualcun’altro mi lasciava disorientata. Mi piace davvero? È lo sportello giusto per me?
Tra l’altro.. c’erano mille cose da scegliere. Sportelli, maniglie, il top, i rubinetti.
Fortunatamente non ero completamente inebetita. Avevo delle convinzioni.
Il lavandino. Ne volevo uno a vasca singola ma grande, e senza sgocciolatoio (la lavastoviglie sarebbe stata la mia prima e più importante coinquilina, lo sgocciolatoio non aveva senso di partecipare).
Il piano cottura ad induzione, non è un fattore estetico, più che altro organizzativo. Non so se vale metterlo tra le certezze, ma se non lo considero rimarrei con una certezza sola, e mi sembra brutto. Poi ripensandoci, qualunque sia stato il motivo della mia certezza era comunque una sorpresa esserne certa (anche se prima di essere certa ho rimuginato giorni).
Alla fine ce l’ho fatta, e ho portato a casa il mio progetto della cucina (e un appuntamento per un aperitivo con l’IkeaBoy che mi aveva assistito nell’usare il software in negozio… Ma questa è un’altra storia) e questa cosa mi ha fatta sentire davvero bene.
Bene in un modo terrorizzante, perchè per la prima volta avevo preso una decisione importante senza avere il supporto di nessuno. Ero riuscita a scegliere. Ero in cima ad una montagna, piena di vertigini!

Giorni fa pensavo a mia madre, che dopo 35 anni si è ritrovata sola, e mi ripeteva all’inizio (ma anche oggi effettivamente) che lei non aveva mai preso una decisione, che aveva sempre deciso tutto mio padre.
Ho capito il terrore, e il motivo per cui ancora oggi, dopo 8 anni dalla poco elegante uscita di scena di mio padre, lei è incapace di “fare”.
Mi dispiace immensamente non essere in grado di aiutarla.
Mi rendo conto che effettivamente, lei non vuole essere aiutata. Ha troppa paura. Ha paura di scoprire cosa potrebbe piacerle, cosa potrebbe non piacerle. Ha troppa paura di guardarsi dentro.

Guardarmi dentro è stato il più grande regalo che mi sono fatta.
Sono terrorizzata da me. Sono spaventata e tante cose (infinite cose) non le ho ancora viste o capite.
Ma sto imparando a volermi bene. Piano piano. Un po’ alla volta, mi conosco di più e mi amo un po’ di più.
E mi torna in mente la canzone che cantava Amy Winehouse, e che all’inizio non mi trovava d’accordo.
To know him, is to love him.
All’inizio pensavo fosse sbagliata. Pensavo fosse più giusto il contrario: To love him is to know him.
E invece no.
L’amore nasce dalla continua scoperta dell’altro, o di sè stessi in questo caso.
Non c’è mai fine a quanto possiamo scoprire di noi. E non c’è mai fine a quanto possiamo riuscire a volerci bene.

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